15 MINUTI possono fare la differenza!

Quanto è importante decidere di prendersi del tempo per sé? Stare da soli, senza sentirsi soli?

Secondo una ricerca di Nguyen e colleghi (2018), MOLTO!

Scegliere di stare soli per un po’ di tempo durante la giornata può portare a diminuire l’intensità delle nostre emozioni, avendo così un effetto calmante.

Cosa succede quindi se decidiamo di stare 15 minuti da soli?
Lo studio ha analizzato diverse situazioni e ha portato a conclusioni interessanti rispetto all’effetto calmante dei 15 minuti da soli:

– Avviene al di là di ciò che si fa (ascoltare musica, leggere un libro, etc.): non è importante cosa si fa, l’importante è stare da soli
– Non avviene se c’è un’altra persona con noi;
– Non avviene se siamo a contatto con cellulari o computer
– Avviene se lo stare da soli è una SCELTA. In questo modo non si prova una sgradevole sensazione di solitudine.

Allenarsi a ritagliarci del tempo durante la giornata può quindi avere un effetto molto importante sul nostro benessere psicofisico.

Per prendersi cura di sé bastano pochi minuti!

Link allo studio: https://journals.sagepub.com/doi/full/10.1177/0146167217733073?journalCode=pspc

FOOD CRAVING: quell’irrefrenabile desiderio di cibo

“Con il termine food craving si

fa riferimento ad un desiderio

irresistibile di cibo, difficile

da controllare ed arginare.

È estremamente comune

nella popolazione generale e

può portare a sovrappeso

e/o obesità.

La definizione più comune

di food craving è quella di

inteso desiderio per un cibo

specifico.”

Quali CAUSE?

Cosa FARE in caso di food craving?

Per saperne di più e leggere l’articolo completo: http://www.det.it/diagnosi-terapia-rivista-sfogliabile-di-settembre-2019/?fbclid=IwAR3wA06UZNRBoepsey_2enlEk_F3r6OEshRscQR3EcS_fjs2TyuuKQVE_MM

(pagine 32-34)

Il cervello impulsivo: correlati neurali del comportamento di binge eating

 

È stato recentemente pubblicato uno studio sulla rivista Appetite – Elsevier dal titolo: “The impulsive brain: Neural underpinnings of binge eating behavior in normal-weight adults” (autori: Oliva R, Morys F, Horstmann A, Castiello U, Begliomini C).

 

Di seguito un breve estratto dello studio:

Evidenze recenti suggeriscono che un controllo inibitorio disfunzionale potrebbe essere alla base dell’iperalimentazione e del binge eating disorder (BED). La maggior parte di questi risultati deriva però dallo studio di persone affette da obesità, mentre gli autori ipotizzano che possibili caratteristiche di tratto, stabili, siano presenti anche in persone con binge eating ma normopeso.

In questo studio viene indagata l’attività cerebrale di 42 persone con e senza episodi di binge eating (21 binge eaters e 21 non binge eaters, rispettivamente). Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale durante l’esecuzione di due compiti di inibizione della risposta.

Nei compiti i partecipanti dovevano rispondere o inibire la loro risposta (premendo o meno un tasto) alla vista di immagini di cibo o immagini neutre. Grazie a questi compiti si può valutare la capacità di inibizione della risposta automatica, di fronte a stimoli ricompensanti (cibo) e stimoli neutri (ad es., oggetti o piante).

Inoltre, l’impulsività è stata valutata anche tramite questionari autosomministrati.

Dai risultati è emerso che, nonostante avessero performance simili ai compiti comportamentali, i due gruppi differivano nell’attività cerebrale. In particolare, le differenze erano concentrate nell’attività di regioni frontali e striatali, coinvolte nel controllo della risposta inibitoria e nei processi di ricompensa. Inoltre, i binge eaters presentavano una maggiore impulsività (valutata tramite i questionari) rispetto ai non binge eaters.

Questi risultati forniscono un supporto all’ipotesi che l’impulsività possa essere una possibile caratteristica di tratto del comportamento di binge eating – anche in assenza di un disturbo del comportamento alimentare conclamato o del peso. In più, forniscono nuovi spunti rispetto al possibile ruolo delle regioni coinvolte nei processi inibitori e di ricompensa come possibili substrati del comportamento di binge eating.

 

Link allo studio: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0195666318310390

 

Mindful Eating: come mangiare con testa? 

mindful

Nella frenetica routine quotidiana ritagliarsi del tempo per ascoltare quali cibi il nostro corpo ci chiede rappresenta una vera e propria impresa!
Porsi qualche domanda può aiutare ciascuno di noi a riscoprire una piacevole relazione col cibo.

Perché mangio?
Quando mangio?
Cosa mangio?
Come mangio?
Quanto mangio?

Sii presente a te stesso mentre mangi.

Ecco alcuni consigli utili per MANGIARE MINDFUL:

1. chiediti se hai fame prima di cominciare a mangiare
2. non aspettare di essere affamato
3. scegli alimenti che soddisfino mente e corpo
4. prepara con cura la tavola
5. mangia senza distrazioni (tv, radio, internet..)
6. mangia seduto, mai in piedi
7. apprezza l’aroma e l’aspetto del cibo
8. comincia dal cibo più appetitoso
9. fai una pausa a metà pasto e cerca di capire se sei ancora affamato
10. allontana il piatto quando sei sazio
11. riconosci le tue sensazioni a fine pasto, cerca di non arrivare a sentirti troppo pieno.

GODITI IL PASTO!

Dipendenza da cibo: mito o realtà?

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“Il cibo è la mia droga”

È una frase familiare? È mai capitato di vivere il cibo come una sostanza vera e propria? Capace di dare un forte senso di gratificazione, di abbassare il volume di pensieri, stress, emozioni ma capace anche di farvi sentire in un circolo vizioso, difficile da spezzare e troppo facile da continuare?

Per alcune persone sarà possibile riconoscersi e l’associazione cibo=droga non costituirà di certo una novità. Sebbene questo collegamento e l’uso del termine dipendenza quando si parla di cibo siano frequenti nel linguaggio comune, solo negli ultimi anni si è acceso e alimentato il dibattito sull’esistenza di una sindrome da dipendenza da cibo nella comunità scientifica.

Recentemente infatti alcuni autori hanno ipotizzato l’esistenza di una vera e propria “dipendenza da cibo” (in inglese, Food Addiction). Questa ipotesi si è sviluppata a partire dalle forti somiglianze tra l’abuso di sostanze e il comportamento alimentare caratterizzato da episodi di abbuffate (o binge eating). Ricercatori e clinici hanno sottolineato come le due condizioni siano caratterizzate da comportamenti simili e, a volte, sovrapponibili. Alcuni esempi potrebbero riguardare:

– la sensazione di perdere/non avere il controllo: la persona può ritrovarsi ad avere difficoltà ad inibire il proprio comportamento e a consumare la sostanza (cibo o droga) nonostante le possibili conseguenze negative (ad esempio, l’aumento di peso nel caso del cibo);

– il bisogno di assumere la sostanza in quantità o frequenza maggiori, di non poterne fare a meno;

– le frequenti ricadute: per quanto la forza di volontà possa essere spiccata, è come se ci fosse un’altra forza, prepotente e soverchiante, a spingere la persona a perpetuare il comportamento;

– il craving, cioè il forte desiderio compulsivo, incoercibile, incontrollabile verso la sostanza

– l’uso del comportamento per mitigare la tensione e le emozioni negative.

In anni recenti, l’ipotesi teorica che ci siano degli elementi in comune tra dipendenze (da sostanze e da cibo) è stata sostenuta da diverse ricerche scientifiche in questo campo.

 

Quale sarebbe il fattore chiave comune alle dipendenze?

Si pensa che un ruolo centrale sia giocato dell’impulsività, cioè l’inabilità della persona di inibire le proprie azioni, i propri comportamenti e la tendenza ad agire senza considerare le conseguenze.

Numerose ricerche hanno evidenziato come questo tratto di personalità sia associato a comportamenti rischiosi, come uso di sostanze, ma anche a binge eating. Una conferma deriva ad esempio da un recente studio in cui 133 partecipanti affetti da obesità sono stati sottoposti a questionari per indagare l’impulsività e la Food Addiction (Meule et al., 2017).

Due importanti risultati sono emersi:

  • Solo il 47% circa dei partecipanti allo studio è stato classificato come dipendente da cibo (secondo il questionario Yale Food Addiction Scale), nonostante tutti presentassero un problema di obesità;
  • Punteggi alti nelle misure di impulsività erano associati ad una maggiore probabilità di ricevere una diagnosi di Food Addiction.

Questi risultati mettono in evidenza due aspetti centrali del discontrollo alimentare. Il primo è che l’obesità non si accompagna sempre a comportamenti di discontrollo o dipendenza nei confronti del cibo. Potremmo cioè dire che l’obesità sottende diverse obesità, con diverse caratteristiche comportamentali e differenti meccanismi di base. Il secondo aspetto è che l’impulsività e la Food Addiction sembrano essere strettamente legate, tanto che una bassa capacità di regolare l’alimentazione (es. discontrollo nei confronti del cibo) può emergere quando è presente un alto grado di impulsività di tratto, in generale.

 

Qual è il ruolo del nostro cervello in questi meccanismi?

A livello neurobiologico, le differenze che si osservano tra persone con binge eating/food addiction e persone normopeso senza disturbi del comportamento alimentare sono concentrate soprattutto in regioni coinvolte nei processi di ricompensa e controllo inibitorio.

Un recente studio in risonanza magnetica funzionale ha indagato i correlati neurali della Food Addiction in 48 adolescenti in buona salute, obesi e non (Gearhardt et al., 2011). Lo scopo dello studio era quello di valutare l’associazione tra sintomi di Food Addiction e l’attività cerebrale in risposta a stimoli ricompensanti (cibo). L’esperimento consisteva nell’acquisizione di immagini di risonanza durante l’assunzione di un frullato al cioccolato. L’ipotesi era che ad un’elevata Food Addiction si associassero pattern di attività cerebrale simili a quelli riscontrati nelle dipendenze.

Il risultato? Le persone che presentavano una possibile dipendenza da cibo – cioè quelli con alti punteggi nel questionario per valutarla – mostravano differenze a livello di attività cerebrale rispetto a quelli che ottenevano punteggi bassi. Queste differenze si concentravano in particolare in quelle regioni cerebrali responsabili della sensibilità alla ricompensa (o del craving) e alla capacità di inibire il proprio comportamento.

Il punto cruciale di queste evidenze è che i risultati supportano la tesi che il discontrollo nei confronti del cibo potrebbe essere mediato da meccanismi simili a quelli alla base delle dipendenze da sostanze: un’elevata attivazione del circuito della ricompensa in risposta alla sostanza e una riduzione dell’attivazione nelle regioni coinvolte nei processi di inibizione. I risultati confermano quindi un ruolo dell’impulsività alla base dei meccanismi di Food Addiction.

 

Quali sono le possibili implicazioni a livello clinico? 

Le prove a sostegno dei meccanismi comportamentali e neurobiologici comuni sono numerose e ci aiutano a dare un razionale al comportamento di discontrollo nei confronti del cibo.

Nonostante il dibattito sia ancora in corso, al di là del termine che decidiamo di utilizzare e la teoria che sposiamo, l’indagine del concetto di Food Addiction ha portato ad importanti traguardi nello studio dell’obesità e dei disturbi alimentari. Uno su tutti il fatto che dietro le etichette, obesità, Binge Eating Disorder o Food Addiction, si nascondono diverse sfaccettature che devono necessariamente essere prese in considerazione quando si parla di terapia e prevenzione.

L’abbuffata con perdita di controllo, in cui si ricercano alimenti non specifici, seguita da forte colpa e da un proposito restrittivo è diversa dall’iperalimentazione costituita da diversi spiluccamenti durante il giorno o da un introito calorico che eccede il proprio fabbisogno energetico, senza essere accompagnato da perdita di controllo o sensi di colpa. Ancora, questi comportamenti, sono diversi da quella che potrebbe rientrare in un quadro di Food Addiction, in cui l’abbuffata è spesso programmata, uno strumento per provare una gratificazione immediata, nonostante le conseguenze negative a lungo termine (come l’aumento di peso).

In sintesi, la comprensione di ciò che sta alla base di questi comportamenti dovrebbe portarci a una maggiore consapevolezza e migliore caratterizzazione dei disturbi da iperalimentazione, tra cui Binge Eating Disorder, bulimia e obesità, indirizzandone in modo più specifico e mirato le risposte terapeutiche.

Dott.ssa Rossella Oliva

Psicologa, Specializzanda in Psicoterapia Cognitiva Neuropsicologica presso SLOP (Scuola Lombarda di Psicoterapia)

 

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